Atti della conferenzaVolenza mediatica
La ricerca sugli effetti della violenza sui media non è ben compresa dal grande pubblico. Nonostante questo, c’è un consenso schiacciante nella letteratura scientifica sugli effetti malsani della violenza dei media. Le meta-analisi mostrano che la visione della violenza mediatica è costantemente associata a livelli più elevati di comportamento antisociale, che vanno dal banale (violenza imitativa diretta contro i giocattoli) a quello grave (violenza criminale), con molti risultati conseguenti intermedi (accettazione della violenza come un soluzione ai problemi, aumento dei sentimenti di ostilità e l’apparente consegna di stimoli dolorosi a un’altra persona). La desensibilizzazione è un altro effetto ben documentato della visione della violenza, che è osservabile nella riduzione dell’eccitazione e del disturbo emotivo mentre si assiste alla violenza, nella ridotta tendenza a intervenire in una rissa e nella minore simpatia per le vittime della violenza. Sebbene ci siano prove che i giovani che sono già violenti hanno maggiori probabilità di cercare intrattenimento violento, ci sono prove evidenti che la relazione tra la visione della violenza e il comportamento antisociale è bidirezionale. È sempre più evidente che la violenza mediatica genera nei bambini anche un’intensa paura che spesso dura giorni, mesi e persino anni. Il ruolo potenziale dei media nelle soluzioni a questi problemi sta solo iniziando ad essere esplorato, nelle indagini che esaminano gli usi e gli effetti delle classificazioni dei film, delle classifiche televisive e del V-chip, e gli effetti dei programmi di alfabetizzazione mediatica e degli sforzi di educazione pubblica. La ricerca futura dovrebbe esplorare importanti differenze individuali nelle risposte alla violenza dei media e modi efficaci per intervenire sugli effetti negativi.