Boléro (Italiano)
Boléro, opera orchestrale in un movimento composta da Maurice Ravel e nota per l’inizio dolce e per finire, secondo le istruzioni del compositore, il più forte possibile. Commissionato dalla ballerina russa Ida Rubinstein, Boléro fu rappresentato per la prima volta all’Opéra di Parigi il 22 novembre 1928, con una danza coreografata da Bronislava Nijinska. Il lavoro è apparso in molti film sin dalla sua creazione, ma era parte integrante della trama del film 10 di Blake Edwards (1979), con Dudley Moore e Bo Derek.
Inizialmente, Rubinstein chiese a Ravel di creare per lei un’opera dal carattere spagnolo, suggerendo che lui – un orchestratore altamente qualificato che sei anni prima aveva rielaborato Pictures at an Exhibition del compositore russo Modest Mussorgsky – potrebbe adattare per orchestra alcuni brani per pianoforte dello spagnolo Isaac Albéniz. Ma dopo qualche considerazione, Ravel scrisse invece la sua composizione originale, un pezzo che chiamò Boléro, anche se alcuni osservarono che i ritmi erano più simili a quelli del fandango e della seguidilla che al bolero. Al suo debutto, la stessa Rubinstein ha interpretato il ruolo da solista di una sensuale ballerina di caffè allettando il suo pubblico maschile, la cui crescente eccitazione si riflette nel crescendo caratteristico del lavoro.
Boléro è un insieme di 18 variazioni su un tema originale in due parti o forse, più propriamente parlando, 18 orchestrazioni di quel tema, poiché il tema stesso non cambiare, sebbene gli strumenti lo facciano. Dopo un ritmo di apertura sul rullante (un ritmo che continua senza sosta per tutto il lavoro), il brano procede come segue:
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(1) flauto solo (nella gamma bassa dello strumento)
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(2) clarinetto solo (anche basso nella gamma)
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(3) fagotto solo (alto nella sua gamma )
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(4) clarinetto in mi bemolle solista (più piccolo e più alto in altezza rispetto al clarinetto in si bemolle standard)
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(5) solo oboe d’amore (tra l’oboe e il corno inglese in altezza e tono)
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(6) tromba e flauto smorzati (il flauto fluttua come armonici paralleli al verso della tromba)
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(7) sassofono tenore solista (un’insolita inclusione in un’orchestra, ma a Ravel piaceva il jazz)
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(8) sassofono soprano solista (un sassofono piccolo, dritto, acuto)
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(9) corno francese e celesta (i toni a campana di quest’ultimo paralleli alla linea del corno)
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(10) quartetto composto da clarinetto e tre doppie ance (una combinazione di organo nel timbro)
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(11) trombone solista (pieno di passaggi sensuosamente scorrevoli)
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(12) legni alti (il tono diventa più stridente)
Con la variazione 13, le corde emergono finalmente dal loro ruolo di sottofondo per prendere l’iniziativa per le restanti variazioni. Il crescendo continua a crescere; il tamburo persiste, diventando sempre più prominente. In poco tempo, vengono aggiunti accenti di tromba, che contribuiscono all’intensità finché, nei momenti finali, l’intera orchestra viene lanciata nel mix – tromboni, piatti e tutto il resto – portando il pezzo a una conclusione esultante, anche se brusca.