Carenza di vitamina K
I sintomi includono lividi, petecchie, ematomi, trasudamento di sangue nei siti chirurgici o di puntura, dolori di stomaco; rischio di sanguinamento massiccio incontrollato; calcificazione della cartilagine; e grave malformazione dell’osso in via di sviluppo o deposizione di sali di calcio insolubili nelle pareti delle arterie. Nei neonati, può causare alcuni difetti alla nascita come viso, naso, ossa e dita sottosviluppati.
La vitamina K viene trasformata nella sua forma attiva nel fegato dall’enzima vitamina K epossido reduttasi. La vitamina K attivata viene quindi utilizzata per gamma carbossilare (e quindi attivare) alcuni enzimi coinvolti nella coagulazione: fattori II, VII, IX, X e proteina C e proteina S. L’impossibilità di attivare la cascata della coagulazione attraverso questi fattori porta ai sintomi di sanguinamento menzionato sopra.
In particolare, quando si esaminano i valori di laboratorio nella carenza di vitamina K, il tempo di protrombina è elevato, ma il tempo di tromboplastina parziale è normale o solo leggermente prolungato. Ciò può sembrare controintuitivo dato che la carenza porta a una diminuzione dell’attività nei fattori sia della via intrinseca (F-IX) che è monitorata dal PTT, sia della via estrinseca (F-VII) che è monitorata dal PT. Tuttavia, il fattore VII ha l’emivita più breve di tutti i fattori carbossilati dalla vitamina K; quindi, se carente, è il PT che sale per primo, poiché il Fattore VII attivato è il primo a “scomparire”. Nelle fasi successive della carenza, gli altri fattori (che hanno un’emivita più lunga) sono in grado di “recuperare il ritardo” e anche il PTT diventa elevato.