Flusso piroclastico
Commenti conclusivi sulle zone rosse Somma – Vesuvio e Campi Flegrei
I flussi piroclastici associati a un futuro evento esplosivo rappresentano un grave rischio per le città situate al ai piedi del vulcano SV o all’interno di una zona di caldera. Poiché queste città sono a rischio per diversi livelli di probabilità di flussi piroclastici, crediamo fermamente che le mappe dei pericoli debbano dare un’idea generale delle aree che potrebbero essere interessate dai flussi e, allo stesso tempo, una percezione di sicurezza per le persone che vivono. al di fuori di tali aree.
Per SV, il confronto tra le Zone Rosse presentate dal 1995 al 2014 dal DCP e le ipotesi di delimitazione proposte in questo lavoro (Fig. 17.5) (Rolandi, 2010), sono discrepante rispetto al pericolo di flusso piroclastico. In particolare, la mappa DCP 2014, mostra che l’area coperta da invasione totale da potenziali flussi piroclastici è delimitata da una linea dalla geometria incerta, con una massima espansione posta a 7 km dal cratere. Inoltre, le aree periferiche di invasione di flusso continuano a coincidere con i limiti amministrativi dei comuni, come per la mappa della Zona Rossa 2004. Questi ultimi limiti sono stati estesi ad altri comuni vesuviani (per un totale di 25), posti adiacenti ad aree di invasione di flussi piroclastici e considerati come aree potenzialmente interessate da frane piroclastiche (Fig. 17.4).
Per la SV, alcune domande dovrebbero essere poste agli esperti del DCP: (a) Se la Zona Rossa è l’area in cui dovrebbero verificarsi piani di evacuazione preventiva per rischio di flussi piroclastici, come unica misura per salvaguardare la vita di circa 700.000 persone, perché i criteri scientifici relativi esclusivamente al comportamento delle eruzioni passate vengono ignorati? (b) È possibile delimitare un’area a rischio di deposito cauzionale tenendo conto dei limiti amministrativi dei comuni? Riteniamo che debbano essere apportate modifiche sostanziali alle attuali delimitazioni della Zona Rossa del Vesuvio, che dovrebbero essere molto più ampie verso ovest, e comprendere gran parte del territorio della città di Napoli (Rolandi, 2010; Alberico et al., 2011).
Per la FC, è stato evidenziato il monitoraggio continuo del degassamento e della frattura del magma nella transizione fragile-duttile in un ambiente magmatico-idrotermale (Cannatelli et al. This volume). Allo stesso tempo, è evidente che il monitoraggio continuo dovrebbe continuare per valutare un possibile terzo periodo di vulcanismo esplosivo postcaldera. Specifici piani di salvaguardia di emergenza dovrebbero essere stabiliti per eruzioni di diversa entità, come accaduto in passato (come quelle di 13 ka Pomici Principali VEI 5 e 4 ka Agnano – Monte Spina VEI 4-5). Per evitare confusione, sarebbe più appropriato creare mappe di pericolosità distinte da eruzioni di diversa ampiezza. Queste mappe di pericolosità separate potrebbero quindi essere raggruppate, in media per produrre una valutazione generalizzata del pericolo considerando tutte le possibilità basate sul passato geologico.
Infine, ciò che manca completamente nei piani di emergenza, sia SV che CF, è la costruzione di grandi vie di fuga per consentire a milioni di persone di uscire rapidamente dalle aree a rischio. In questa misura, c’è il messaggio fuorviante alla popolazione che un’eruzione potrebbe essere prevista in giorni, se non settimane in anticipo. Questa è una possibilità, poiché è anche possibile che tale previsione potrebbe non essere possibile. In questo caso, l’unico modo per sfuggire a una catastrofe è, infatti, avere a disposizione ampie vie di fuga. Sembra che al riguardo il piano di evacuazione di emergenza sia del tutto insufficiente.
Concludiamo indicando le scelte antitetiche per le valutazioni di rischio vulcanico SV e CF che non vengono valutate prudenzialmente nel primo caso e sovrastimate nel secondo Astuccio. In effetti, la mancanza di piena sicurezza nella mappa ufficiale del rischio di flusso a SV sembra paradossale perché anche la versione più recente del DCP (2014) è collegata a scelte precedenti non basate completamente su criteri scientifici. L’esempio di edificio dell’Ospedale del Mare nella sua attuale collocazione è probabilmente la decisione più bizzarra, con la quale si autorizzava il delocalizzazione dell’Ospedale del Mare, da una zona più sicura posta a 12 km dal cratere, nel suo sito attuale , cioè a 7 km di distanza dal cratere, completamente nella Zona Rossa del Vesuvio.
Ma sebbene ci siano stati alcuni miglioramenti dopo la delimitazione della Zona Rossa del 1995, discrepanze e “strane” decisioni non scientifiche sono continuate per essere adottati dagli esperti DCP. Ci auguriamo che nel prossimo futuro vengano generati piani di emergenza seri e basati sulla scienza per SV e CF, poiché dopo tutto i vulcani obbediscono solo alle loro leggi naturali.